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Enrico MOISO architetto
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tesi

bio

La Casa dell’Arte:
progetto di una struttura protetta per minori  


di Enrico Moiso - Relatore: Sergio Santiano - Correlatore: Cesare Burdese


   La proposta progettuale di questa tesi è quella di inserire, all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Torino intitolato a Ferrante Aporti, un nuovo contenitore per sfruttare alcuni spazi aventi la necessità di essere riadattati a nuove attività, portando cosi all’interno di una struttura chiusa, quale può essere un carcere minorile, una parte del mondo artistico ed espressivo esterno. La motivazione di questa scelta è in parte legata al proseguimento di ciò che si era già riuscito ad ottenere nell’ottobre del 1996 con l’iniziativa
Arte contemporanea al Ferrante Aporti partita da un’idea dell’Arch. Cesare Burdese, sotto l’organizzazione VELAN-Torino con la direzione di Vezio Tomasinelli e grazie a quattro artisti come Santo Cinalli, Pier Luigi Meneghello, Fabrizio Sibona ed Eraldo Taliano che si impegnarono a realizzare opere con il coinvolgimento dei detenuti. Naturalmente la produzione era stata seguita da un mostra aperta al pubblico dove significativo fu il commento di uno dei ragazzi: «Per la prima volta ho avuto la sensazione che la gente venuta da fuori non mi guardasse come un animale dentro uno zoo». Forse per la prima volta quel ragazzo aveva recuperato una dignità sicuramente utile al suo riscatto.     

   Questa necessità o volontà è generata da una chiara esigenza di
rinnovamento delle strutture atte al recupero dei ragazzi minori perché inadatte al loro scopo. E questa carenza trapela sia negli Istituti Penali dei minorenni che in quelli degli adulti.  

   Per
Casa dell’Arte intendo un luogo attrezzato ed attrezzabile per le attività permanenti dei ragazzi del Ferrante e per le attività estemporanee, quali esposizioni e rappresentazioni teatrali derivanti dal loro lavoro. Così facendo si abbandonano provocatoriamente alcune attività che sono realizzate normalmente all’interno del Ferrante, come ad esempio quelle svolte all’interno dell’officina meccanica, utilizzata per le riparazioni delle vetture del Comune.  

   Lo
spazio che racchiude le varie attività artistiche deve essere di comunione e la visione formale dell’intervento si può esprimere come un cuneo che irrompe oltre le barriere ed i cancelli per dare la possibilità di "uscire e di entrare a tutti".  


   Portando avanti il progetto ho applicato la volontà di reinterpretare uno spazio concluso e finito in un agglomerato di corpi di fabbrica autonomi ma con un forte legame tra loro mettendoli anche in comunicazione con l’esterno grazie alla creazione di una “forma” che irrompe nella monotonia e rigidezza della struttura esistente per arrivare fino a lacerare anche il muro di recinzione esistente. Così la forma di base, ellittica, è diventata autonoma e si è frammentata in un vortice di linee curve ed il proposito di dare maggiore esposizione al sole la allunga sull’asse est-ovest. Questa disposizione planimetrica è riscontrata anche nei corpi di fabbrica della scuola elementare Collodi nell’isolato adiacente dove è chiara la volontà di non sottostare alle regole urbanistiche tradizionali non rispettando il filo strada e l’assialità costante degli edifici e degli isolati circostanti.

   Tutto questo è dovuto al fatto di non volere solo una cornice architettonica, ma un’influenza maggiore e positiva da parte del costruito sui suoi fruitori ed una presenza che non tentasse di mimetizzarsi e sembrare lì da sempre ma che segnasse il cambiamento di atteggiamento e di volontà in atto.

   Importante concetto è anche quello della separazione fisica delle attività giornaliere da quelle notturne di riposo portando così i ragazzi, nei casi più gravi, ad uscire dalla detenzione per partecipare alle attività. Una separazione fisica aiuta sicuramente anche il distacco psicologico dallo stato di stasi coatta.

   In conclusione, se si desidera migliorare la società intera bisogna migliorare anche gli ambienti utilizzati per il recupero, al punto d’arrivare ad attirare anche il coinvolgimento della città in maniera spontanea, perché è vero che le alte mura servono per contenere le fughe, ma anche ad allontanare chi è probabilmente interessato a conoscere per capire.

   Il mio intervento progettuale mira quindi a portare ad un cambiamento nel pensare all’Istituto Penale Minorile non solo come luogo di reclusione, ma anche come luogo di recupero, innanzi tutto di se stessi, e poi ad una coscienza civile. Per arrivare a ciò è necessario un luogo ispiratore della fantasia ricco di stimoli artistici.  


[…]
Rudolf Steiner notò che menzogna e crimine in una società sono conseguenza di una carenza di stimoli artistici; […] quelle stesse tendenze potrebbero essere eliminate in un ambiente costituito da forme e spazi ispiratori di stimoli vitali.

Enrico MOISO architetto
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